Mission

Se medici si diventa, veterinari si nasce.

Con questo intendiamo sottolineare che la professione “medica” prende forma in anni di pratica, la vocazione veterinaria invece è qualcosa di innato, che emerge fin da piccoli.
Soprattutto i veterinari più ‘incalliti’ sono stati bambini che hanno avuto il privilegio di crescere con animali cui hanno voluto bene, con cui hanno giocato e che hanno osservato con grande zelo.

È negli anni della fanciullezza, infatti, che nasce quello spirito di indagine che unito alla “cura” come modalità di essere al mondo farà di un bambino il veterinario di domani.
Ecco, allora, dovete sapere che nel nostro ambulatorio veterinario siamo rimasti tutti un po’ bambini. E questa è la più grande garanzia per i vostri animali.
I bambini vedono in ogni situazione le incongruenze, sono precisissimi nell’esporre una sintomatologia sospetta e hanno tantissimo amore da dare.

I bambini che mantengono questa sovrabbondanza d’amore per ogni tipo di animale siamo noi. Veterinari per vocazione e per passione. Veterinari con gli occhi, con le mani, con la mente e con il cuore.
Ed è con questo spirito che nella nostra struttura veterinaria accogliamo i pazienti e li curiamo con la stessa sollecitudine che useremmo nei confronti del nostro animale di affezione.

Consapevoli del fatto che ogni animale è parte di un contesto affettivo e di una famiglia, ma quasi sempre sviluppa un legame viscerale e profondo con una sola persona, quella che riconosce come “padrone”.

Ed ecco che allora abbiamo imparato a costruire con i “proprietari” degli animali che arrivano in ambulatorio un rapporto di scambio, di fiducia e solidarietà nell’interesse dei nostri “pazienti”. Relazioni che rimangono al centro del nostro lavoro e che proseguono negli anni. Anni in cui lavoriamo sulla prevenzione, sulla profilassi e sulle malattie – qualora si manifestino – sino ad accompagnare l’animale e il suo umano nella fase finale del distacco.

La relazione al centro

Uno degli aspetti del mio lavoro, forse quello più difficile e delicato da vivere, riguarda la relazione con i proprietari dei miei pazienti. Relazionarsi con loro vuol dire affrontare, comprendere e saper gestire le ansie, le credenze e le aspettative che questi hanno rispetto alla salute dei lori animali.
È tutto un mondo. Un mondo che ognuno si porta dietro e che non è dato conoscere; caso mai lo si può intuire.

Ed è questo che emerge, a volte drammaticamente, quando si devono affrontare i grandi temi della malattia, della sofferenza, della morte ed infine della perdita di un “soggetto d’amore”.

L’animale d’affezione è quasi sempre considerato, dal proprietario, come un membro della famiglia. E come tale amato.
Accade tuttavia, che qualcuno, perdendo completamente di vista il fatto che ogni animale ha una sua identità, consideri il proprio cane o gatto come un’amata proiezione del proprio se stesso, un se stesso piccolo e indifeso.
Ed è solo grazie a una profonda empatia che l’animale lo percepisce e, per amore, inizia un processo d’identificazione con il proprietario di cui nel tempo finirà per assumere le espressioni, il carattere, le ansie e addirittura le malattie.

Quindi, nel tempo, ho capito che per svolgere al meglio la mia professione occorre anche affrontare e dipanare questa intricata matassa di sentimenti ed emozioni reciproche e che, per farlo, occorre più che la pratica, una formazione psicologica adeguata. Inoltre, alla luce della mia esperienza professionale, ho capito che condividere una parte della vita con un animale vuol dire osservarlo e osservarsi, specchiarsi nei sentimenti e nelle emozioni che si riverberano tra noi e lui. E che fare questo, può essere l’inizio di un percorso di cambiamento e di autoconsapevolezza che vale la pena di intraprendere.